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Tuesday, August 26, 2008
James Koller
found our way in the dark, through the canals
around the tight corners. We moved slowly -
circled out & in, put it together
like some kind of needlework. We had walked
in similar circles for days. Some places
folks don't live their lives in a straight line.
James Koller
15, 16 Oct 87 Venezia
for Francesco Giusti
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da "Veneziaundertide" 1988
Tuesday, August 19, 2008
Friday, August 15, 2008
VENICE IS A FISH - Tiziano Scarpa
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VENISE EST UN POISSON: UN GUIDE - Tiziano Scarpa
VENEDIG IST EIN FISCH - Tiziano Scarpa
VENECIA ES UN PEZ - Tiziano Scarpa
VENEDIK BIR BALIKTIR - Tiziano Scarpa
Thursday, August 14, 2008
Tinto Brass "Chi lavora è perduto"
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B B., di quasi 27 anni, si trova verso mezzogiorno in un giorno d'estate a girare per le strade assolate di Venezia. Il caldo, la necessità di ingannare il tempo e quella di prendere una importante decisione lavorativa, lo portano a vivere una confusione di ricordi diversi, pensieri sconnessi e fantasie esaltate. Ritornano alla sua mente alcune situazioni familiari e le varie fasi della sua educazione. Incontra Claudio, un amico degente agli Ospedali Marini e riaffiora alla sua mente un altro suo amico, Kim, che è finito per sempre in manicomio. In un ultimo delirante tentativo di cercare una soluzione al suo problema, Bonifacio immagina le varie scappatoie che potrebbe imboccare: da quella di tenutario di bordello a quella di impiegato modello, dallo scassinatore di banche all'attore o al falsario, dal regatante al portamangime per i colombi.
Qui documenti inediti dello scenografo del film Raoul Schultz:
http://tranquiada.blogspot.com/2008/08/raoul-schultz-tinto-brass-parte-1.html
"Si è presentato a Venezia (...) con un film fuori de comune. Egli conosce bene la sintassi cinematografica, ma ad un certo punto la mette da parte e decide di esprimersi il più liberamente possibile (...) preferisce ricorrere all'ispirazione del momento piuttosto che a elaborate costruzioni stilistiche. (...) Il film divaga tra realtà e fantasia (e) cala di tono sul finale, proprio perché il regista s'è lasciato andare a delle distrazioni puramente superflue." (E. Marussig, 'L'Espresso', 8 settembre 1963)