“ Io voleva allora partire per Dresda, ma ricordandomi che Giacomo Casanova, il quale dovevami alcune centinaia di fiorini, stava poco lontano di quella città, risolsi d'andar da lui, per ottener tutto o parte del danaro che mi dovea. V'andai, fui ben ricevuto, ma, accorgendomi in breve che la sua borsa era più smunta della mia, non volli dargli la mortificazione di chiedergli quello che non avrebbe potuto darmi; e, dopo una visita di tre o quattro giorni, decisi d'andar a Dresda. La mia disgrazia volle ch'egli chiedesse d'accompagnarmi fino a Toeplitz, città distante dieci a dodici miglia dalle terre del conte Waldstein, di cui egli era bibliotecario ed amico. Fui costretto a pigliare un altro cavallo e un altro condottiere, e questo a mezza strada ci ribaltò. Fummo obbligati a fermarci mezza giornata per far raccomodare il calesse, ma, con tutte le riparazioni fattegli, quando giungemmo a Toepliz, trovai che non era più possibile seguitare in quello, senza pericolo, il nostro viaggio. Vendei dunque per sessanta piastre un calesse e un cavallo che me ne costavano più di cento; e Casanova, che ne fu il sensale, nel contarmi il danaro, prese due zecchini per sé:
- Questi - dicendomi - serviranno per farmi tornare a casa; e, come io non potrò mai restituirvi né questi né gli altri di cui vi sono debitore, così vi darò tre ricordi, che varranno assi più che tutti i tesori di questo mondo. Da Ponte mio, se volete far fortuna, non andate a Parigi, andate a Londra; ma quando vi siete, non entrate mai nel Caffè degli italiani, e non scrivete mai il vostro nome. Felice me se avessi seguitato religiosamente il suo consiglio!
(...) Partito da lui, la mia sposa, che rimasta era stordita della vivacità, dell'eloquenza, della facondia e di tutte le maniere di questo vegliardo straordinario, volle sapere da me la storia della sua vita; ed io l'intrattenni piacevolmente per molte ore, nel raccontarle quello che ne sapea”.
Lorenzo Da Ponte, Memorie, 1818